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Francesco-Angioni

LA CONCEZIONE DELLA LIBERA MURATORIA NEI DIALOGHI DI LESSING (1778-80)
del Fr. Francesco Angioni M.M.
fondatore di La Cittadella delle Libere Mura
Liberi Quaderni di Studi Muratori


Di Francesco Angioni leggi anche su PS Rivista di Massoneria:

¨ La concezione della Libera Muratoria nei Dialoghi di Lessing
¨ Accenni storico-critici del Lessing Massone.
¨ La Verità in Lessing secondo un'ermeneutica liberomuratoria
¨ Commento al Primo Dialogo di Lessing
¨ Commento al Secondo Dialogo di Lessing
¨ Commento al Terzo Dialogo di Lessing
¨ Commento al Quarto Dialogo di Lessing
¨ Commento al Quinto Dialogo di Lessing
¨ Dialogo Intorno ad una Società Visibile-Invisibile
di Johann Gottfried Herder (1774-1803)

¨ Herder e il Concetto di Humanität
¨ Verità e Libera Muratoria pensando a Lessing e ad altri Massoni
¨ Introduzione a J.W.Goethe Massone e Poeta
¨ I Segreti di Goethe
¨ Gnosticismo e Origini e Pensiero della Massoneria





Lessing viene considerato uno dei principali “illuministi di lingua tedesca” del XVIII secolo. . Egli non conobbe né la Rivoluzione Francese e le sue conseguenze né il suo particolare modo di interpretare il pensiero illuminista, perciò il suo “illuminismo” fu solo letterario ed idealista.

Volutamente in questo scritto non analizzo le radici illuministiche del pensiero lessinghiano e le  prendo come un dato di fatto.

Da parte mia ho  preferito andare più a fondo, nelle pieghe nascoste del suo pensiero liberomuratorio. Se ci sono riuscito non è compito mio dirlo.

G. E. Lessing Per Lessing i simbolismi dei rituali e delle cerimonie sono l’espressione storica dello sviluppo dell’Ordine massonico e dunque sono aporetiche nei riguardi del pensiero ideale della Libera Muratoria. La loro continua trasformazione non offre garanzia di tradizione e questa trasformazione si palesa come l’eterodossia di una tradizione ideale volta bene dell’umanità e che si svolge immutabile nel corso dei secoli.

Lessing non pone la distinzione tra Massoneria regolare e Massoneria irregolare, non è la “regolarità” ciò che a lui interessa. Per Lessing la distinzione netta è tra la facies[i] massonica ideale, il sostanziale “essere” massone, e la persona[ii] massonica di forma, il contingente definirsi massone. La massoneria contingente, storica, è una gigantesca aporia dell’ “essere” massonicamente definito, poiché non è con la forma che si viene a realizzare lo scopo della massoneria. I ritualismi e le formalità del “fare” massonico, poiché storicamente contingenti e in mutamento, contraddicono l’astoricità dell’ “essere” massonico[iii]. Questo scissura tra “fare” ed “essere” altro non è che una degenerazione dell’idea di Libera Muratoria, causata dalla coesistenza e complicità tra Libera Muratoria e società civile, religiosa e politica[iv].

Lo stesso concetto di esoterismo, o meglio di via esoterica al perfezionamento del Libero Muratore, è spartito tra una gnosi fondata sul misterioso senso del simbolismo massonico e le attività dei massoni che si perdono in studi su fantasiose origini della Libera Muratoria, sullo spiritismo, sull’alchimia ed altre “bambinaggini” simili, perdendo il senso vero della Libera Muratoria. Con queste attività si vanifica la sua valenza essenziale di Opera che si svolge nei secoli con lo scopo ultimo di emancipare l’umanità dai suoi mali. Queste attività pseudoesoteriche non indagano sul mistero vero insito nella Libera Muratoria che è il senso nascosto nei simbolismi e rituali, interpretabile solo alla luce dell’idealità massonica. esse rappresentano una gnosi volgare rispetto a quella eletta, che indaga sugli scopi della Libera Muratoria, immanenti al segreto massonico.

Ho usato il termine “gnosi” proprio per rappresentare una forma di conoscenza riservata agli iniziati, mediante la quale si perviene al perfezionamento “spirituale” del Libero Muratore.

La concezione ascetica della Libera Muratoria impregna il pensiero lessinghiano. C’è un esasperato dualismo del “fare” e dell’ “essere”. Nel fare si ritrovano quelli che “si dicono” massoni e nell’essere quelli che “sono” massoni; tra questi si annoverano anche coloro che non sono iniziati ma che pensano ed agiscono come massoni di sostanza. In questa rappresentazione lo stesso concetto di iniziazione assume la valenza di percorso senza un termine definito, tant’è che Lessing non dà alcun rilievo alle distinzioni in gradi del percorso massonico. L’iniziazione non è una cerimonia, un evento, conchiuso con la Cerimonia stessa, come lo considera la Massoneria formale; per Lessing l’essere iniziato non può che assumere il senso del percorso gnostico.

La concezione lessinghiana della massoneria di forma, parte integrante ed integrata di un mondo imperfetto, sembra riprendere la concezione gnostica del mondo imperfetto e senza significato. Ma nei suoi Dialoghi Lessing inserisce in tale mondo un quid trasmutativo, capace di condurre alla salvezza; questo quid è la Massoneria.

Questa avrebbe quasi la funzione di un demiurgo capace di salvare l’umanità da se stessa. Similmente alla concezione gnostica, per cui nell’uomo c’è una scintilla della luce divina che gli consentirà la conoscenza, nell’umanità di Lessing ci sono insiti i valori universali, naturali, che la Libera Muratoria, con la sua particolare “gnosi” può portare ad evidenza e compimento. La storia umana per Lessing è un continuo riproporsi sotto forme diverse di questa gnosi, in continua evoluzione e della quale evoluzione la Libera Muratoria è l’espressione più moderna e completa. In questa accezione, anche l’Ordine Templare originale ed altre organizzazioni antiche possono essere assimilati ad un Ordine di carattere universalmente massonico[v], risalendo fino ai primordi dell’umanità, al punto che per Lessing la Massoneria è sempre esistita ed esisterà fin quando realizzerà il suo scopo finale, immolandosi così alla pari di un Odino che sacrifica se stesso[vi].

È evidente il carattere teleologico della Libera Muratoria che Lessing elabora. Quando Lessing afferma, nel secondo dialogo, la “necessità” sovra-storica della Libera Muratoria non la vede come necessità fine a se stessa, ma solo rispetto ad uno scopo sovrastorico di emancipazione umana dai mali che le forme d’organizzazione sociale esprimono. Queste forme organizzative, poiché sono espressioni sociali delle naturali differenze tra gli uomini, sono causa e conseguenza assieme delle disuguaglianze tra gli uomini. Lessing, da illuminista e con una certa similarità agli utopisti della sua epoca, non considera le disuguaglianze come dirette e sole conseguenze dei rapporti sociali di produzione[vii], ma invece come prodotto delle “naturali” differenze che sorgono dal nascere e vivere in condizioni ambientali diverse. In questo senso il concetto di potere e di subordinazione al potere sembra in Lessing quasi una condizione naturale[viii]. Le differenze ambientali creano differenze dei modi di organizzare la società, di credenze religiose e quasi spontaneamente di differenze in ceti sociali ed economici tra gli uomini. Lessing, non vedendo le disuguaglianze come prodotto dei rapporti tra classi sociali non può che preconizzare una forza esterna a questo mondo civile per trovare soluzione alle disuguaglianze. Alla società, in senso generale, non può opporsi l’azione delle stesse istituzioni sociali e dunque serve un qualcosa che è naturale, cioè intrinseca all’essere umano e per questo universale. Ciò lo si ritrova nell’aspirazione umana all’uguaglianza che si estrinseca in valori universali e che viene fatta propria dalla Libera Muratoria. Quella di Lessing è una concezione di “progresso“ che non si fa storia concreta, che non si realizza con l’azione politica o istituzionale, ma che si fa teleologia antropologica in termini di storia assoluta, dell’intera umanità. Nei Dialoghi non si fa cenno al progresso come concetto esplicativo dell’evoluzione sociale, tuttavia l’azione che la Libera Muratoria svolgerebbe nei confronti dell’umanità non può essere che intesa come fattore “progressivo” verso il bene dell’Uomo. In tal modo la Libera Muratoria viene anche a definirsi sulla base di questo suo scopo ultimo; in altri termini, si connota per la sua valenza teleologica, avvalorata, per certi aspetti, dalla concezione lessinghiana della Libera Muratoria come “salvifica”.

 

Teleologia immanentista

Il senso teleologico della Libera Muratoria deve essere ben inteso. Per il Lessing deista esiste un progetto a monte, un principio organizzativo divino che dà senso alle leggi e fenomeni cosmologici e quindi anche umani. La concezione deista implica che il principio organizzativo divino viene riconosciuto razionalmente e che questo riconoscimento avvenga quasi per necessità, essendo insito nell’essere umano. Lessing deista nega quindi ogni necessità d’esistenza della chiesa come struttura mediatrice tra il divino e l’uomo e nega la validità delle religioni positive o rivelate che negano la funzione della ragione nell’esplorazione umana del trascendente. Ma Lessing allarga questo pensiero anche al rapporto tra Libera Muratoria e mondo profano.

La Libera muratoria si pone, in quanto esigenza umana, necessità storica e razionale, come un quid che dà significato al bisogno di emancipazione umana dai mali sofferti dalla stessa umanità; di qui la sua funzione demiurgica, intesa come emanazione razionale che prescinde dalla rivelazione positiva. In altri termini l’emancipazione dai mali dell’umanità non può venire dalla religione positiva, ma solo eventualmente da una religione universale che abbracci tutte le credenze religiose. Questa religione non è un evento ma una scoperta, un progresso dato dalla ragione. Dunque la Libera Muratoria, espressione della ragione umana con la sua caratterizzazione teleologica e salvifica fa ciò che le religioni positive non possono fare[ix].

Non c’è in Lessing un’aspirazione cosmologica, a lui non interessa fare nei Dialoghi un discorso escatologico in senso lato, al limite potremmo dire che Lessing propone una escatologia antropologica; in Lessing il Cosmo altro non è che l’umanità e ciò che essa realizza. Ciò che gli interessa è il fine ultimo, non dell’Uomo nel suo aspetto cosmologico, ma più semplicemente dell’umanità qui ed ora; anche se il qui ed ora è inteso in senso extra contingente. In altri termini, Lessing si pone la “necessità” liberomuratoria di realizzare il Bene per un’umanità esistente e non trascendente, fuori dal tempo e dalla realtà terrena. La Libera Muratoria non è un trascendente, ma al limite potrebbe essere inteso come un immanente: essa è insita nell’essere umano, non lo trascende. Lessing non vuol costruire una teologia liberomuratoria, non vuole concepire la Libera Muratoria come espressione finalistica dell’essere umano, ma al contrario risolve il problema dei mali dell’umanità a livello di esperienza e coscienza dell’essere umano; esperienza e coscienza che sono l’essenza della Libera Muratoria. È in questo quadro che la Libera Muratoria si porrebbe come elemento demiurgico.

Nel pensiero di Lessing, così come espresso nei Dialoghi, c’è una concezione immanentista che poi troveremo in Hegel, in ben altri termini argomentata, che concepisce l’Assoluto non in contrapposizione ai fenomeni ma interno, immanente, ad essi. Intendiamoci, nei Dialoghi non si parla di Assoluto, però nella teleologia lessinghiana si può desumere un principio assoluto che è ben altra cosa che nel senso hegeliano; esso ha una connotazione terrigna o meglio antropologica: è l’Uomo che è Assoluto di se stesso[x]. L’Uomo ha in sé la capacità di realizzare il Bene supremo. È una concezione teleogico-immanentista, forse più vicina ad un Kant. Infatti, lo scopo della Libera Muratoria si realizza nell’esperire umano dell’Azione esemplare. Il suo scopo si concretizza nell’esperienza del ”essere” Libero Muratore, non è estranea al sé massonico.

La visione lessinghiana del senso dell’esistenza dell’umanità si svolge come per un “principio antropico ultimo”, ove l’Umanità giustifica l’esistenza dell’Universo, nel senso che l’Umanità sviluppa nel corso dei millenni un’elaborazione intelligente del proprio finalismo che non può estinguersi. In Lessing non troviamo una completa sistemazione di tutto ciò, ma solo uno spunto di riflessione. Quando Lessing propone la Libera Muratoria come sempre esistente in plurime forme, egli dichiara l’aspirazione umana al Bene di se stessa come inestinguibile, tuttavia questo inestinguibile non è “necessariamente” risolvibile e raggiungibile. La Libera Muratoria, che avrebbe questo compito immanente, può fallire e fallisce ineluttabilmente ogni qualvolta s’immerge nella contingenza storica. La Libera Muratoria ha un fine ultimo, teleologico ed immanente, interno a sé, che deve preservare rimanendo esclusiva, fuori da ogni contaminazione “profana”. Da qui si evince la già citata concezione ascetica della Libera Muratoria lessinghiana. L’esclusività è data dalla sua connotazione di iniziaticità[xi], o forse meglio, è l’iniziaticità che esprime il senso lessinghiane dell’esclusività della Libera Muratoria rispetto a tutte le altre forme d’espressione sociale dell’uomo. Su questo Lessing non è ambiguo, anzi è cinicamente esplicito, pur velando il suo cinismo di sottile ironia[xii].

 

Scetticismo poetico

Nel pensiero di Lessing, così come si mostra nei Dialoghi, il mondo che chiamiamo profano, nelle sue manifestazioni dello Stato, della Costituzione e della Chiesa, è irriducibilmente futile; ma lo è anche la massoneria nelle sue manifestazioni esteriori, come le logge, i rituali, i simbolismi.

Traspare in Lessing una visione scettica della realtà profana, intendendola come incapace con i propri mezzi di eliminare i mali che l’affliggono e che possono essere riassunti nelle disuguaglianze tra gli uomini. La Libera Muratoria, allora, appare a Lessing come una via non solo ideale ma anche poetica della salvezza umana, riducendo le sue forme esteriori a ombre mitologiche. Ma il poeta ch’è nell’animo drammaturgico di Lessing non può rinunciare a ciò che è mitologia, fato, spiritualità e l’immagine di un destino che si esprime nella sua essenza di fato malvagio scorre paradossalmente come linfa vitale del pensiero lessinghiano[xiii]. Infatti, proprio da questa matrice di profondo pessimismo della capacità umana di darsi strumenti socio-politici e religiosi capaci di realizzare i supremi valori umani, Lessing, con lo strumento cognitivo della poesia, salta il fosso, il limen, dell’incapacità umana, ricercando e trovando nel pozzo profondo del sentire umano la soluzione ai mali che opprimono l’umanità. Questo strumento cognitivo è la visione ideale, quindi poetica, degli scopi liberomuratori. La gnosi liberomuratoria assume funzione demiurgica per l’umanità dolente e la Libera Muratoria, non più solo manifestazione apparente illustrata da simboli ed allegorie, si manifesta nell’ascetica esplorazione del vissuto umano. L’uomo scavando nel sé profondo compie l’Azione liberomuratoria, il vero percorso esoterico. Lessing in questo modo ricollega l’Opera Alchemica, l’Opera Rosacruciana, l’Opera Templare e tante altre Opere in tutt’uno proiettato all’emancipazione dell’Uomo.  È così che Lessing, a suo modo, continua l’azione archeologica della scoperta delle origini ideali della Libera Muratoria. Quanto differisce, in ciò, Lessing da un Pico della Mirandola e da un Marsilio Ficino?

Probabilmente, quando il dr. Fabio Venzi, Gran Maestro della Gran Loggia Regolare d’Italia, nei suoi scritti fa appello di ricerca dell’origine storico-culturale della Libera Muratoria, concepisce tale ricerca non come ricerca di mitologiche vetustà o di speculazioni pseudo-esoteriche, ma la definisce in termini di ricerca di quella dimensione ideale d’identità che attraversa i secoli e che viene “misteriosamente” raccolta ed elaborata dal pensiero massonico.

In questa idealità universale, ad un tempo umana e liberomuratoria, risiede la valenza demiurgica della Libera Muratoria[xiv].

In Lessing appare prepotente e possente la valenza di riscatto dell’Uomo nei confronti degli aspetti miseri ed epidermici delle sue opere storiche. Conseguentemente, la considerazione che Lessing dà degli aspetti “esteriori” della Libera Muratoria è coerente, essi sono niente altro che “Polvere!”, come fa dire a Falk nel quinto dialogo.

Viene naturale porsi la domanda: se gli aspetti esteriori della Libera Muratoria non hanno alcuna funzione utile rispetto agli scopi della Libera Muratoria stessa, come questa come si manifesta, ovvero come la si distingue nelle sue forme da altre espressioni umane tese al perfezionamento dell’umanità?

Lessing non dà una risposta, forse perché non c’è una risposta, essendo la Libera Muratoria una forma ideale di perfezionamento dell’uomo e dell’intera umanità; quindi essa può vestirsi di mille forme ed ognuna di queste è contingente e superflua, rispetto al perenne scopo ultimo.

Ad ogni modo, le espressioni contingenti della Massoneria appaiono a Lessing cicalecci inconsulti e privi di credibilità. Infatti la Libera Muratoria è credibile se e solo se si accomuna ad una visione simile a quella della chiesa come fede e non come struttura teologica e di potere, ad uno Stato che predispone la sua inutilità realizzando il bene universale dell’Uomo, ad una Costituzione che dichiara la felicità umana come suo principio inderogabile di realizzazione. In tutto ciò io credo si realizzi la visione poetica lessinghiana del bene universale.

Lessing pone una visione della società umana che appare come incubo infantile che ha in sé l’inquietudine del futuro prefigurato. È l’immagine d’un presente immanente rispetto al passato ed al futuro, che agli occhi “adulti” del Libero Muratore deve essere negata in forza della Ragione. Infatti, l’immagine della realtà umana per il Libero Muratore è visione, nel senso preciso del termine, immagine dilatata nel tempo e nello spazio, visione trattabile e modificante dall’Opera massonica.

Leggendo i Dialoghi di Lessing, la visione del mondo profano, visione da incubo, è la visione di un’umanità condannata a convivere con i propri mali e che da millenni si sforza inutilmente di trovare una via d’uscita. Lessing non è però uno gnostico “disperato ed ammirevole”[xv], c’è in lui una scintilla di speranza che è la speranza della Libera Muratoria, come viene citata nel quarto dialogo. La sua è anche “speculazione ardente”[xvi], che tutto travolge, specialmente le specificità contingenti della Massoneria nei fatti concretizzata.

Quella “speculazione ardente” è la scintilla di una gnosi innata, è l’uno intelligenti actu, che è insito nell’essere umano e gli consentirebbe di salvarsi, Dunque, abbiamo da una parte un’umanità condannata e sofferente e dall’altra un Uomo, come “essenza”, al contrario, salvifico per l’intera umanità. Quest’uomo è il Libero Muratore, comunque denominato nel corso della storia. È un pater innatus, caratterizzato dal suo pleroma, o pienezza, inconcepibile museo di archetipi, di valori universali, di essenze intelligibili.

La gnosi massonica è un percorso di perfezionamento, di riconoscimento dei valori universali e del suo essere pater innatus, e la teleologia massonica è la tensione al “reale”, l’emancipazione dell’uomo singolo per l’emancipazione dell’umanità intera[xvii]. Lessing non lo dice in questi Dialoghi, ma la sua concezione della religiosità, espressa come “deismo” in altre sue opere sulla religione e religiosità, è un topos innominabile, assume l’essenza della divinità senza nome, origini e volto: è il G.A.D.U. massonico, maestosità spettrale.

La visione di questo universo ideale di cui la Libera Muratoria è feconda espressione portatrice, richiama gli ideali archetipici di un pensiero neoplatonico plotiniano. Però, dalle eternità platoniche Lessing si solleva, riconoscendo nell’Uomo quel uno intelligenti actu, la sua possibilità-capacità emancipatoria, la stessa vagheggiata da un Pico.

In tal modo in Lessing non appare una visione religiosa, strictu sensi, poiché manca tanto la predestinazione quanto la dannazione o l’idea di un’eternità coercitiva della divinità monoteista rivelatrice. Lessing così secolarizza la Massoneria d’apparato e decreta l’ “eternità” della Libera Muratoria d’essenza. Sembra quasi che a quella Massoneria d’apparato, di forma, egli la voglia connotarne di una valenza casuale, data dalla intromissione dei “significati” assorbiti dalle commistioni col mondo profano. La difesa della Libera Muratoria immersa nel mondo profano, invece che trarre le sue armi dalla sua “essenza”, trova soluzione, in contraddizione ad una consequenzialità teoretica, dal pensiero ed operatività profanizzati, che ereticamente minano i fondamenti speculativi della Libera Muratoria. L’eresia è un male interno alla Massoneria che gli fa perdere la strada per il riconoscimento della Verità, la storicizza ammantandola di Tempo profano.

 

Verità e Tempo

In più parti dei suoi Dialoghi Lessing adombra il concetto di Verità; questo concetto impregnato di ambiguità nel pensiero massonico, in Lessing, anche se mai esplicitamente affrontato, è ben presente tra le parole di Ernst e di Falk. Esso è concetto antecedente alla storia e rimarca le differenze che negli Stati, nelle Costituzioni, nelle società, nelle culture e religioni, hanno determinato il formarsi delle identità. Lessing è ben conscio di questa realtà, ma confuta la “necessità” di tali differenze[xviii].

Lessing pone la realtà come dualistica in senso totale e l’Assoluto non appare risolutivo o almeno, come già detto, è l’Uomo ad essere Assoluto di se stesso, nel senso che è dall’Uomo che può nascere la Verità e non da una Chiesa[xix]. Quindi anche la stessa Libera Muratoria non può essere concepita come depositaria della Verità[xx], ma solo come opportunità di espressione di una gnosi tesa al “reale”, al perfezionamento dell’umanità[xxi]. È notissima la sua frase in Eine Duplik (1778): "Se Dio tenesse nella sua destra tutta la verità e nella sua sinistra il solo tendere verso la verità con la condizione di errare eternamente smarrito e mi dicesse: Scegli -, io mi precipiterei con umiltà alla sua sinistra e direi: Padre, ho scelto; la pura verità è soltanto per te”. Compito del Libero Muratore e dell’Uomo in quanto tale è la ricerca della verità[xxii].

Ciò è implicito nella prudenza con la quale Lessing critica certi Ordini massonici e paramassonici, dandogli l’opportunità di riscattarsi mediante l’affermazione che potrebbero essere strane vie confluenti inconsapevolmente nella vera via massonica. Le “bambinaggini” pseudoesoteriche avrebbero senso solo se volte a realizzare la “speranza” insita nella via massonica.

Un altro tema adombrato anch’esso tra le frasi ora pacate ora concitate dei Dialoghi lessinghiani è quello del Tempo. C’è il Tempo che è il tempo della Libera Muratoria sempre esistita, come tempo ciclico e c’è il tempo simultaneo, della Massoneria d’apparato. Lessing si riferisce a quello ciclico, infatti egli apre le porte dell’eternità, senza nominarla, alle vicende umane con l’idea della Libera Muratoria teleologica. È però questa una eternità “nominalogica”, infatti, Lessing enuncia a chiare lettere l’eternità della “realtà”, quella degli archetipi dell’umanità, presente nell’essenza liberomuratoria e quella “nominalista” della negazione di quegli archetipi, che fissa nel tempo ciò che invece nel tempo è fugace, espresso nella massoneria di “forma”.

Richiamandoci a Borges, Lessing sembra concepire la Libera Muratoria come una Biblioteca di Babele, dove tutto è passato, presente e futuro, dove tutto è l’universo.

La libera Muratoria nella concezione lessinghiana è una Torre di Babele dove c’è il tutto ed il contrario di tutto, forma ed essenza, contingenza e necessità, dimostrazione della sua universalità e dimostrazione della sua falsità, i commenti ed i commenti dei commenti[xxiii], l’esoterismo volgare e quello del segreto misterico. La Libera Muratoria perchè fenomeno umano si svela nella sua empietà di nonsenso, si manifesta come Libro di tutte le genti e per questo amato e temuto. Per questo motivo Lessing fatica a trovare una ragionevolezza nella Libera Muratoria, pur concependola come espressione della Ragione e ne fa astrazione impudica quasi delirante, febbrile nella sua necessità d’esistenza. Falk, il massone, precorrendo un Borges, non sa o non vuole definire la Libera Muratoria, quasi che “Parlare è un incorrere in tautologie[xxiv].

La Libera Muratoria, in questo aspetto, è eterna frazione d’eternità, è un tendere a zero.

È difficile comprendere siffatta concezione lessinghiana della Libera Muratoria; l’oblio storico ha cancellato le sue origini confondendole con quelle dell’uomo, essa sembra apparire come prodotto di una divinità insufficiente, distratta, che manipola la materia inadatta, umana e la lascia lì a fermentare in attesa di un qualcosa che neppure la stessa divinità preconizza.

C’è però un aspetto che sembra avvicinare Lessing ad un certo pensiero gnostico. Gli gnostici lumeggiavano quella divinità insufficiente, come inferiore divinità creatrice della materia, quale Scrittura che, rispetto all’universo, appare essenzialmente debole. Da parte sua Lessing intende la Libera Muratoria anch’essa come Scrittura debole, poiché incapace nelle sue “forme” ad opporsi alle lusinghe profane, incapace di affrancarsi dall’abbraccio soffocante dello Stato e della società[xxv] e pertanto la Libera Muratoria sembra creazione casuale ed improvvisata e da qui l’affannarsi insulso alla ricerca delle sue mitiche origini. Ma, qui c’è il soprassalto idealistico di Lessing, tale creazione nata dalla casualità ed improvvisazione, caduta in mano ad una elite di uomini, diventa eone eterno nella storia umana. Lessing, sembra partire da una concezione gnostica, per farne trampolino di lancio verso la negazione degli stessi presupposti gnostici, in ciò favorito forse dal suo profondo scetticismo, così appagante nel suo intimo di uomo del XVIII secolo.

Lessing svaluta in toto il mondo “profano” ed anche la Massoneria d’apparato. La sua critica nei confronti del proliferare di gradi è di sottile e profonda ironia, col suo disincantato disinteresse ne denuncia la futilità, assumendoli quasi a melodramma di una Massoneria che è un a parte rispetto alla storia universale dell’Uomo. Tale Massoneria è dunque casuale[xxvi] cioè eretica.

Tuttavia Lessing non sfugge al paradosso di una idealità liberomuratoria sostanzialmente buona che scaturisce da un mondo profondamente malvagio. Le religioni risolvono il paradosso in molti modi, ma l’assenza di religiosità chiesastica in Lessing gli impedisce di risolvere il paradosso all’interno di un disegno divino di salvezza. Però, attenzione, il paradosso esiste se si parte dal presupposto dell’esistenza di una religiosità universale, che Lessing non vede realizzabile[xxvii], e dunque il paradosso rimane, come un fiammifero acceso, nelle mani dello stesso Uomo, in modo tale da costringerlo a trovare in sé stesso l’energia salvifica. Dunque, se futilità c’è, questa è nelle forme sociali ma non nell’Uomo in sé che invece è congenito e centrale rispetto al mondo. Il coraggio del Libero Muratore si mostra in questa lucida coscienza dell’insensatezza del mondo e delle forme organizzative della società che si rivelano come futili.

La figura del Libero Muratore in Lessing assume le fattezze dell’Uomo pichiano, colui che “gettato nel mondo”[xxviii] si fa testimone di se stesso e si pone al centro del Cosmo[xxix].

Malgrado ciò, Lessing a mio giudizio non risolve la contraddizione tra la sua concezione di un mondo estraneo alla Libera Muratoria e la concezione della Libera Muratoria come potenza demiugica. Infatti, tale mondo “profano” viene rifiutato da Lessing, esso è realtà che impedisce la crescita spirituale dell’uomo, al punto da imporre a Lessing la visione della Libera Muratoria come via ascetica, al limite amorale rispetto alla moralità di una religione profanizzata, unica modalità di salvezza. Si pone il problema di una morale e di un’etica liberomuratoria: essa esiste?

 

Etica liberomuratoria

Dai Dialoghi non sembra emergere una concezione dell’etica massonica, anzi, se questa esiste, essa s’identifica con i valori universali umani che devono essere applicati nella vita civile e politica e nella vita privata, poiché il Libero Muratore opera in una condizione di astoricità e fuori dalle contingenze politiche e sociali. Sembra quasi “l’uomo straniero del mondo” di gnostica memoria. La via d’uscita è la gnosi massonica, la “ricerca” dei significati misterici della simbologia e dei rituali massonici all’interno di un quadro salvifico. Questa ricerca nelle profondità del segreto massonico diventa “via al perfezionamento” del singolo Libero Muratore. L’etica massonica è il percorso sul filo del rasoio: da un lato della lama c’è il mondo estraneo, sconosciuto di cui non conosce le strade, dall’altra parte della lama c’è lo stesso mondo ma che,ora percorso, non è più estraneo, con le attrattive del mondo straniero nel quale si possono perdere le proprie origini. È nel recupero del ricordo delle origini, della Tradizione, che il Libero Muratore può camminare sul filo del rasoio dell’eccellenza esemplare. Per Lessing l’etica è il modo di vivere esemplare del Libero Muratore, è questa sua etica che lo rende trascendente riguardo alla vicende mondane. In tale quadro l’etica massonica per Lessing è una via solitaria che non necessita di apporti “estranei”, come gli apparati massonici della loggia, e che è di totale dedizione agli scopi liberomuratori[xxx]. La valenza fondante dell’etica massonica è la sua universalità, tanto che si può percorrere la via del perfezionamento anche senza essere stati iniziati. Dunque, Lessing non lega a doppio filo l’etica massonica con la condizione d’iniziato. L’Uomo massonico di Lessing somiglia stranamente allo Straniero di Camus, l’uomo che scopre la felicità nell’aprirsi “per la prima volta alla dolce indifferenza del mondo”.

Mi è difficile non vedere nell’indifferenza di Lessing per il significato del mondo i germi del pensiero moderno che nega radicalmente ogni significato all’esistenza del mondo. In Lessing manca il senso della divinità trascendente e rivelatrice che giustifica il mondo o almeno l’essere umano. Per questo ho accennato ad una amoralità lessinghiana, mentre si può parlare di etica, anche se non in termini strettamente liberomuratori. L’etica di Lessing nasce dalla funzione teleologica della Libera Muratoria, ma non è un’etica deontologica poiché anche se guida l’Azione liberomuratoria però non è in questa Azione che trova giustificazione, ma nell’universalità dei valori e del bene umano; quindi dovremmo piuttosto parlare di un’Assiologia massonica[xxxi]. Questi tipo particolare di etica lessinghiana pur ricercando le norme di condotta dell’individuo, e dell’intera Libera Muratoria, in un contesto qualificante di universalità non rientra nel campo dell’etica religiosa. Infatti, di questa non accetta la dogmaticità, la pretesa di possesso della Verità, però di questa accetta l’universalità. Dunque Lessing si pone in via intermedia, con un’etica dei valori che non si riferisce all’Azione in sé e neppure all’obbligatorietà dell’Azione. Infatti, il Libero Muratore si distingue non per ciò che fa ma per ciò che è, principalmente per la sua caratteristica di iniziato la cui Azione è teleologicamente definita nel bene dell’umanità, seguendo la via esoterica[xxxii]. In altri termini il Libero Muratore non ha una responsabilità morale, che si fonda sui principi deontici che guidano l’Azione, il fare concreto. Anche se la distinzione tra etica e morale che sarà magistralmente enunciata da Hegel[xxxiii] è posteriore a Lessing, lui già pone nei fatti, con i Dialoghi, la distinzione tra etica come governo dell’ “essere” e morale come governo del “fare”.

Il dualismo radicale di Lessing tra “essere” Libero Muratore e “fare” il Libero Muratore fa perdere il senso della distinzione tra ortodossia ed eresia, ed infatti mai Lessing parla di un’ortodossia massonica e/o di un’eresia paramassonica. Per Lessing o si “è” Libero Muratore o non lo si è e quest’ultimo al più si dice tale; chi nel mondo si pone come massone lo è congenitamente, senza necessità d’essere iniziato. In conclusione, Lessing non si pone il problema dell’ortodossia e dell’eresia perchè queste sono mutevolmente scambiatisi in dipendenza delle contingenze storiche e per lui la Libera Muratoria è su un altro piano di speculazione. L’etica lessinghiana, allora, prefigura il modus operandi[xxxiv] per l’insondabile futuro del bene dell’umanità, insondabile ma non per questo irrealizzabile.



[i] Facies: volto, aspetto, in latino

[ii] Persona: maschera dell’attore, in greco.

[iii] Ernst: La Massoneria non sarebbe un qualcosa di arbitrario? Non ha delle parole, dei simboli, dei riti che potrebbero essere del tutto  diversi e che di conseguenza sono arbitrari?
Falk: Li ha. Ma queste parole, questi riti e questi simboli non sono la Massoneria. (I dialogo)

[iv] Falk: (…) Tante quanto varie forme ha avuto la società civile, di altrettante non ha potuto fare a meno di assumerne la Massoneria; solo che ogni nuova forma, come naturale, ebbe un suo nuovo nome. (V dialogo).

[v] Falk: (…) … Secondo la sua essenza, la Massoneria è altrettanto antica quanto la civiltà. Entrambe non potevano che nascere “insieme” [in corsivo nell’originale], anzi la civiltà non è altro che un rampollo della Massoneria. (V dialogo).

[vi] Hàvamà, 138-9  in G. Chiesa Isnardi, I miti nordici, Longanesi & C., 1991, p. 89.

[vii] Anche se Marx riconobbe Lessing come intellettuale “non autorizzato”..

[viii] Lessing è pienamente consapevole e critico della sua realtà socioculturale e, in quel momento, dell’impossibilità di cambiamenti risoluti, infatti, rifuggendo da ogni concezione eversiva e addebitando, a differenza di Goethe, alla nobiltà la violenza e l’arbitrio del dispotismo, si rifugia nell’ideale funzione stabilizzatrice d’un regime monarchico nazionale.

[ix] Lessing fu fortemente influenzato da Hermann Samuel Reimarus di cui pubblicò l'Apologie für die vernünftigen Verehrer Gottes (Apologia di coloro che adorano Dio secondo ragione), uno scritto violento e radicalmente deista, che si scagliava contro ogni religione rivelata (le verità dell'esistenza di un Creatore buono e saggio e dell'immortalità dell'anima possono essere scoperte solo mediante la ragione, e diventare così la base di una religione universale), denunciava le assurdità logiche e morali del Vecchio Testamento, considerava politicamente fallita la figura di Gesù come Messia e pensava che il Cristianesimo fosse una frode perpetuata dai discepoli di Gesù, di cui essi avrebbero trafugato il corpo per poi proclamare ai più ingenui la Sua resurrezione. Prudentemente Reimarus, per tutta la sua vita, non pubblicò mai questo lavoro, che fu invece scovato da Lessing  e pubblicato parzialmente nel 1774 con il titolo di Frammenti di un anonimo o Frammenti di Wolfenbüttel, nella cui biblioteca Lessing asserì di aver trovato il testo, suscitando un enorme scalpore.

[x] “la strada su cui il genere umano giunge alla perfezione, ogni singolo uomo (chi prima e chi dopo) deve averla percorsa per suo conto” in L'educazione del genere umano (1780)

[xi] Questa sua concezione è ovviamente diversa da quella dell’immanentismo moderno o metafisico, dove c’è una concezione unitaria e non dualistica del reale e per le quali il principio (Dio, l'Assoluto) si attua nel mondo.

[xii] Al punto che Nietzsche dirà di lui: “In verità quegli apprendisti non avrebbero avuto bisogno, come tanto spesso è accaduto, di imparare anche lo sgradevole manierismo del suo tono, con quel miscuglio di litigiosità e probità”.

[xiii] Dirà Nietzsche: “Sul Lessing «lirico» si è oggi unanimi: sul «drammatico» lo si diventerà”.

[xiv] La Libera Muratoria ha dunque una funzione demiurgica, ma non è confrontabile con la visione di tante religioni della divinità demiurgica come ferina, ignorante e crudele.

[xv] Secondo la definizione che Borges dà degli gnostici.

[xvi] “Un uomo che non perde la ragione per certe cose, non ha una ragione da perdere”, da Emilia Galotti

[xvii] Sembra di ritrovare in questa visione il riconoscimento di un Borges degli gnostici come uomini “disperati ed ammirevoli, dediti a “speculazioni ardenti”.

[xviii] Possiamo dire, oggi, che la “necessità” delle differenze, disuguaglianze, tra uomini, negata dai principi liberomuratori, è negata dallo stesso pensiero profano così generalizzato nel perseguitare tutto ciò che è “differente”.

[xix]A costituire il valore dell'uomo è non la verità di cui chicchessia sia in possesso, o pretenda di esserlo, bensì l'impegno sincero che l'uomo ha profuso per scoprirla. E' attraverso la ricerca della verità, e non col possesso di essa, che le sue forze si fanno più grandi, e solo in questo consiste la sua sempre progrediente perfezione” da Lessing, Eine Duplik (1778).

[xx] Dice H. Arendt: “la grandezza di Lessing non consiste soltanto nell’intuizione teorica che non può esserci verità unica nel mondo umano, ma nella sua gioia per il fatto che non ne esiste nessuna e che quindi il dialogo infinito degli uomini tra di loro possa continuare incessantemente finché esisteranno gli uomini” in L’umanità nei tempi oscuri, riflessioni su Lessing,  in “Ka società degli individui” Quadrimestrale di teoria sociale e storia delle idee, n. 7 – 2000 Angeli ed., p.27

[xxi] Lessing è molto esplicito in Sopra la prova dello spirito e della forza (1777): “Com’è possibile che verità storiche contingenti siano la prova di verità necessarie della ragione?”

[xxii] Forse abbagliato dalle parole di Agostino “non ti cercherei se già, in qualche modo, non ti avessi trovato, e il cercarti è già vita e dolcezza dell’anima” in Confessioni, I, 1, 4.

[xxiii]  Il presente scritto ne fa fede.

[xxiv] J. L. Borges, “La biblioteca di Babele”, Finzioni, Tutte le opere, vol. I,  p. 687.

[xxv] Si veda in particolare il Quarto dialogo.

[xxvi] “Dire caso è dire bestemmia. Niente al mondo è caso”, da Emilia Galotti, IV, 3.

[xxvii] Ogni popolo, secondo Lessing, sviluppa una propria religione e non è concepibile, anche se auspicabile una religione universale. Lessing infatti, nel suo Sullo sviluppo della religione rivelata, dice: “la migliore religione rivelata è quella che contiene il minor numero possibile di aggiunte alla religione naturale”.

[xxviii] Si legge nei testi mandei la domanda della Vita: “Chi mi ha gettato nell’afflizione dei mondi, chi mi ha trasportato nelle tenebre perverse?” ed implora “Salvaci dalle tenebre di questo mondo nel quale siamo stati gettati”, in Hans Jonas, Lo gnosticismo, SEI, 1991.

[xxix] Non possiamo fare a meno di notare come tale concezione umanistica e liberomuratoria di Lessing contraddica i timori di un Pascal all’idea di essere gettato nell’immensità di spazi ignoti che non lo conoscono, alla visone dell’uomo che non può sapere né ignorare totalmente; ma, anche di più, ponga la speculazione liberomuratoria come barriera alle successive elaborazioni del pensiero nichilista ed esistenzialista.

[xxx] In ciò troviamo interessanti somiglianze con lo Iaido, la via della spada dei guerrieri giapponesi medioevali, via interna al più ampio percorso del bushido, via del guerriero. Il bushido è eticamente caratterizzato da sette valori: Onestà e giustizia, Eroico coraggio, Compassione, Gentile cortesia, Completa sincerità, Onore, Dovere e lealtà.

[xxxi] L'assiologia è termine derivante dal greco axia (αξια, valore), è la dottrina del valore.

[xxxii] Ovvero la via del “segreto”, del senso occulto dei rituali e della simbologia massonici che è solo scoperta interiore indicibile.

[xxxiii] Etica e morale sono la traduzione dal greco e dal latino dello stesso termine: “etica” che deriva dal greco ethikos - “abituale”, “consueto”, “di abitudine” – derivante a sua volta da ethos (costume), mentre in latino il termine greco ethikos si traduce con moralis, morale, derivante da mos, moris (costume, comportamento). In epoca greca arcaica, il termine ethikos era strettamente connesso alle attitudini personali del guerriero (vedi Iliade e Odissea), alle sue scelte di comportamento, che lo portavano ad agire in un modo piuttosto che in un altro, cercando di attenersi il piú possibile al codice di valori (œqoj) allora vigente, ispirato all’eroismo e alla gloria individuale, non collettiva. Etiche erano, in questo senso, le regole, le norme cui gli eroi e i personaggi prestigiosi nell’ambito delle comunità dovevano ispirarsi. Se trasgredivano queste leggi non scritte, venivano puniti dagli dèi ed incorrevano nell’aspro biasimo della popolazione. Da allora in avanti – per molti secoli – la condotta dell’uomo, dell’eroe, è stata suggerita e guidata dall’opinione che la comunità si formava su di lui. In questo senso, l’Etica si identificava propriamente con il giudizio, la morale del popolo. In ambito filosofico, il termine ethikà (neutro plurale dell’aggettivo ethikos) entrò nell’uso con Aristotele, che con esso intitolò le sue trattazioni di filosofia della pratica. Da allora in poi, il termine è rimasto acquisito alla filosofia, che lo ha consacrato come termine tecnico per designare ogni dottrina che si venga elaborando speculativamente intorno al problema del comportamento pratico dell’uomo. Nell’antichità non si distingueva dunque tra etica e morale, essendo i due termini equivalenti e semmai collegati alle diverse “consuetudini” del mondo greco e romano: il comportamento “pratico” dell’uomo sembra essere legato all’abitudine, ai costumi del mondo in cui vive.  Bisogna aspettare fino alla fine del Settecento, con Hegel (1770-1831), per trovare una distinzione tra eticità e moralità. Hegel identifica con il termine “moralità” l’aspetto soggettivo della condotta (ad esempio l’intenzione e la disposizione interiore), mentre definisce “eticità” quel insieme di valori morali che l’uomo ha realizzato e realizza nella sua esistenza (ad esempio le istituzioni, la famiglia, la società civile, lo stato, ecc.).

[xxxiv] Modus (modo, metodo) e non Actio (attività, atto).



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