Review of Freemasonry



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Francesco-Angioni

Lessing,Gotthold Ephraim
Ernst e Falk. Dialoghi Massonici.

COMMENTO AL QUINTO DIALOGO
del Fr. Francesco Angioni M.M.
fondatore di La Cittadella delle Libere Mura
Liberi Quaderni di Studi Muratori


Di Francesco Angioni leggi anche su PS Rivista di Massoneria:

¨ La concezione della Libera Muratoria nei Dialoghi di Lessing
¨ Accenni storico-critici del Lessing Massone.
¨ La Verità in Lessing secondo un'ermeneutica liberomuratoria
¨ Commento al Primo Dialogo di Lessing
¨ Commento al Secondo Dialogo di Lessing
¨ Commento al Terzo Dialogo di Lessing
¨ Commento al Quarto Dialogo di Lessing
¨ Commento al Quinto Dialogo di Lessing
¨ Dialogo Intorno ad una Società Visibile-Invisibile
di Johann Gottfried Herder (1774-1803)

¨ Herder e il Concetto di Humanität
¨ Verità e Libera Muratoria pensando a Lessing e ad altri Massoni
¨ Introduzione a J.W.Goethe Massone e Poeta
¨ I Segreti di Goethe
¨ Gnosticismo e Origini e Pensiero della Massoneria

Vita civile e vita massonica  

Il dialogo inizia con quelle che sembrano delle battute un po’ maliziose su alcune persone che Ernst e Falk hanno appena incontrato; in particolare su un personaggio, riconosciuto come massone, che a detta di Falk considera il Congresso[1] come una loggia.
In questo modo un po’ conviviale Lessing introduce l’importante tema del rapporto tra vita civile e vita massonica.
Egli ci tiene subito a ribadire un concetto già espresso: compito del Libero Muratore non è quello di interferire nelle questioni politiche[2].
Questa affermazione è da intendersi in termini precisi e concreti. Egli non vuol dire che una persona che è anche massone non debba partecipare alla vita pubblica del suo Stato, piuttosto che non lo debba fare nella veste di massone. La Libera Muratoria in quanto tale deve essere estranea alla vita profana perché la sua è una vita iniziatica e dunque deve partecipare solo a ciò che è iniziatico.
Oggi questa sembra un’ovvietà, almeno per certi Ordini massonici, eppure nella realtà storica e civile di Lessing era un’affermazione polemica e dirompente. Nel campo delle realtà iniziatiche c’è solo una “realtà”: il bene dell’umanità. Il problema per tutti gli Ordini massonici d’allora e di oggi è l’intendersi sul significato di “bene dell’umanità”. Per Lessing la risposta è semplice quanto suprema: il bene dell’umanità non è raggiungibile con gli strumenti “profani” dell’azione politica, civile, religiosa, ma solo e necessariamente con l’Azione liberomuratoria..
Il nostro Autore per chiarire questo assioma parte da lontano. In modo eclatante lui afferma che la Libera Muratoria è sempre esistita, che essa nasce con la civiltà. Dunque, la Massoneria è inscindibile con la civiltà, l’una e l’altra sono interconnesse, la Massoneria nella sua “essenza” è la parte ideale e incontaminata della civiltà, è la sua espressione suprema[3].
Lessing scrivendo questi dialoghi due anni dopo la Dichiarazione d’Indipendenza di 13 province nordamericane, può affermare che una buona Costituzione è possibile quando esiste una sana e forte Massoneria[4].
Queste caratteristiche della Massoneria sono date non dalle sue espressioni formali ed esteriori ma si fondano “sul sentimento di spiriti simpatizzanti in comunione”. Lessing vuol dirci quindi che la vera forza della Massoneria è la Fratellanza, in quel modo intesa[5]. È evidente che lui non intende la Fratellanza nel senso della solidarietà interna alla lega dei massoni e neppure ad una fratellanza dovuta all’iniziazione, ma della partecipazione agli stessi sentimenti. Ma quali sono questi sentimenti? Lessing non lo specifica, però la lettura dei suoi Dialoghi lo rende evidente: è il riconoscersi nello scopo ultimo della Libera Muratoria, nella speranza della sua realizzazione.
Già prima, nei precedenti Dialoghi, il nostro Autore aveva chiarito che la Libera Muratoria ha tante forme; ora, richiama la nostra attenzione sul fatto che queste diverse forme si estrinsecano in base alle differenti società nelle quali sono sorte[6].
La sua spiegazione è poco convincente. Lessing riconosce l’intima debolezza della Massoneria davanti allo Stato, alla società civile, dicendo che la Massoneria ovunque e sempre si è adattata e piegata alle esigenze della società civile, più forte di lei.
Questi passi appaiono alquanto confusi. Che cosa intende Lessing per Massoneria che si adatta alla società civile, quella astorica che attraversa i secoli con diversi nomi, compresi i Templari, o quella storica, attuale, che prende variopinte forme paramassoniche, come i neo-Templari?[7] Neppure è chiaro se Lessing dia la responsabilità di tale debolezza al fatto che la Libera Muratoria assume delle forme organizzative, dei rituali e dei simbolismi storicamente determinati, oppure al fatto che essa nella sua essenza non si relaziona alla società profana. Nel primo caso, gli aspetti esteriori sarebbero allo stesso tempo causa e conseguenza della sua debolezza, mentre nel secondo caso l’essenza della Libera Muratoria si porrebbe trasversalmente a tutte le organizzazioni massoniche. In tal senso però Lessing verrebbe a giustificarle tutte in nome di questa essenza. Ambedue le ipotesi mostrano la fragilità di un tal supposto costrutto logico, che non viene esplicitato a dovere.
I cambiamenti sociali avrebbero determinato, secondo Lessing, le modifiche strutturali della Massoneria. A prima vista sembra che Lessing si riferisca ai diversi ritualismi e alle tante forme di organizzazione paramassoniche. Invece, il concetto lessinghiana è più sottile. Egli sulla base del pensiero espresso nei precedenti Dialoghi, per cui gli scopi ultimi della Libera Muratoria corrispondono agli scopi universali dell’Uomo, vuole asserire che l’ “essenza” della Libera Muratoria è da sempre esistente, identificandosi coi valori universali umani. È quindi accaduto che questa teleologia massonica la si ritrovi in forme diverse e diversamente chiamate. Ciò spiegherebbe perché il termine “massone” appare solo all’inizio del XVIII secolo. Lessing nega che questo termine possa essere stato usato in periodi precedenti[8].
Ciò non è strano, come sappiamo a Lessing non interessano gli aspetti pratici della Libera Muratoria né le diatribe sulle sue origini storiche. La sua visione e la sua ricerca è volta ai principi ideali e a come questi si debbano realizzare in una visione metastorica. Il discorso lessinghiano è un discorso sui valori e scopi e non su come la Libera Muratoria debba metterli in pratica storicamente. Per lui è evidente che ogni applicazione concreta e contingente è sempre un’alterazione dei valori e scopi stessi. L’unico modo per evitare tale contaminazione è quello di tenere la Libera Muratoria rigidamente separata dalle istituzioni dello Stato e della società civile e religiosa. Sembra quasi che Lessing ricordi i rosacruciani seicenteschi che non si raccoglievano in un’organizzazione definita e strutturata, ma che singolarmente portavano avanti un discorso spirituale in cui tutti si riconoscevano e li faceva sentire affratellati dagli stessi ideali[9].
Questo modo di ricercare una via spirituale di perfezionamento è avvalorato dalle affermazioni di Lessing sulla Libera Muratoria non fondata sulle “associazioni esteriori” che degenerano necessariamente in “ordini civili”, cioè che si profanizzano.
Ecktein, un commentatore dei Dialoghi, dice che “In questa affermazione Lessing si è palesemente lasciato guidare dall’opinione corrente del suo tempo che lo Stato sia una trovata e della necessità e della storicità; che sia un contratto che procede da uno stato di natura dato liberamente”. L’osservazione è giusta. Infatti, la Libera Muratoria nei suoi aspetti formali è debole davanti alla società, ma è forte nei suoi ideali, per cui se essa è costretta alla clandestinità dal potere dello Stato, tuttavia le sue idee non possono essere fermate e trova sempre le strade per divulgarsi, anche negli Stati più oppressivi. L’idea è forte in sé, quindi insopprimibile, mentre le organizzazioni sono in sé deboli, quindi sopprimibili o almeno alterabili.
Il Dialogo ad un certo punto si fa concitato, con una sequenza rapida di battute nelle quali Falk nega ogni validità storica ad una serie di eventi ed atti pubblici riportati, da Ernst, a testimonianza delle antiche origini della Libera Muratoria. Falk è perentorio e sprezzante su questi documenti: è tutta “Polvere!”.
Dal punto di vista di Lessing la Libera Muratoria è ben altro che un’organizzazione definita da certi rituali, cerimonie e forme organizzative. Falk esplode in una velenosa accusa a tutti coloro che cercano di dare una patente di vetustà alla Libera Muratoria originata in un’epoca o in un’altra[10].
Critica con forza la mancanza di persone che si oppongono a questo polverone di falsità, così alto che col tempo queste assumono la forma “di cosa molto seria, di cosa sacra”. Lessing critica il fatto che ancora sia presente la logica di considerare per vero ciò che viene ripetutamente scritto da tanti; se questi non sono stati confutati allora possono esserlo oggi?

Lessing chiude il Dialogo con una lunga esposizione dell’ipotesi che il termine “mason” derivi non da “masonry”, massoneria, ma dall’anglosassone di derivazione celtica “masoney”, tavola.
L’ipotesi è chiaramente discutibile, né è mai stata ripresa da successivi autori massonici, Ma questo importerebbe poco, considerata la ferma convinzione massonica sul valore della tradizione, anche in campo linguistico. Lessing va oltraggiosamente contro ogni tradizione. Il fatto che egli prometta di portare delle prove, in seguito non trova seguito, né le note che dopo la sua morte furono trovate sono utili, ed inoltre tale ipotesi linguistica non viene ulteriormente elaborata in altri suoi scritti.
Allora, sorge il sospetto che tutta l’ipotesi sia invece una provocazione che Lessing oppone alla capacità di saper discriminare tra prove e testimonianze storiche.
Abbiamo già visto come Falk tratti con sprezzo le “prove storiche” portate da Ernst. Lessing forse vuol dimostrare che la documentazione storica può essere facilmente inventata, falsata o male interpretata e che spesso si prendono per documenti storici quelle che sono dicerie. Lessing butta lì un’ipotesi di origine storica della Libera Muratoria che si fonda solo su un’assonanza e similarità di parole; è un gioco troppo rozzo per un letterato, filosofo e drammaturgo come lui. Sembra più un gioco intellettuale che una vera ipotesi scientifica. La sua analisi filologica è troppo grossolana. Sono state trovate delle “Annotazioni critiche” che probabilmente avrebbero dovuto essere inserite nel Dialogo ma che non appaiono nella stesura a stampa. È interessante notare che queste note critiche sembrano più appunti per un eventuale ulteriore sviluppo che prove documentali e, in ultima analisi, non aggiungono nulla alla affermazioni riportate nel Dialogo.
Però, è difficile comprendere questa forzatura. Perché chiudere un lavoro speculativo protrattosi per cinque Dialoghi e che ha toccato questioni cruciali per la Libera Muratoria, con un’ipotesi linguistica così azzardata? Voleva forse Lessing scrivere altri dialoghi per approfondire altre tematiche ancora più cruciali? Forse. In fondo, egli chiuse la sua parentesi umana solo due anni dopo la pubblicazione del quarto e quinto dialogo. Un’ipotesi, niente di più, potrebbe essere che Lessing in tal modo volesse rompere ogni legame, anche linguistico, con una tradizione storicamente circoscritta, per dilatarne la portata oltre i confini di una nazione e di un’epoca. Ma questa ipotesi è smentita dall’insistenza di Falk nel confinare la parola “masoney”, tavola, al tedesco. Voleva forse togliere la paternità d’origine all’Inghilterra per darla alla Germania? Neppure questo, perché Lessing sulla base di presunti dati storici, da molti considerati ben poco affidabili, alla fine riconduce a Londra la nascita della Massoneria per opera di Christoph Wren architetto della chiesa di San Paolo.
Quanta confusione.

Forse, quello era il suo indicibile “mistero” massonico.



[1] Inteso come istituzione politica.
[2]
Il Massone non deve comportarsi come tale nella vita pubblica e Lessing pone la questione in forma di metafora. Falk:: “(…) Il Massone aspetta serenamente il levar del sole e lascia ardere i lumi, finché questi non vogliono e possono. Non è compito del Massone spegnere i lumi, e una volta spenti accertarsi se, quando si debbono riaccendere gli stoppini, occorrerà mettere altri ceri. La metafora non è molto chiara nei suoi aspetti interni, ma è chiaro il riferimento al fatto che nella veste di Massone non ci si deve occupare di politica. Con la frase “Il Massone aspetta serenamente il levar del sole e lascia ardere i lumi”, forse l’Autore si riferisce alla sua Azione massonica, cioè esemplare, che scorre nel tempo e si ripete ad ogni levar del sole; con “lascia ardere i lumi, finché questi non vogliono e possono forse intende dire che le istituzioni civili e politiche debbono fare il loro corso senza l’intervento del Massone. Dicendo “Non è compito del Massone spegnere i lumi”, Lessing probabilmente si riferisce al fatto che non è compito del massone adoperarsi per un intervento di cambiamento del regime politico o delle forme di organizzazione politica dello Stato, né per creare una nuova situazione politica, con nuovi governanti: “e una volta spenti accertarsi se, quando si debbono riaccendere gli stoppini, occorrerà mettere altri ceri
[3]
Falk: (…) … Secondo la sua essenza, la Massoneria è altrettanto antica quanto la civiltà. Entrambe non potevano che nascere “insieme” [in corsivo nell’originale], anzi la civiltà non è altro che un rampollo della Massoneria.
[4]
Falk: (…) Il distintivo più sicuro di una sana, vigorosa Costituzione politica, fu sempre quando accanto ad essa, si faceva fiorire la Massoneria così come avviene ancora oggi.
[5]
Falk: (…) Giacché non è in sostanza fondata [la Massoneria] su “associazioni esteriori” [in corsivo nell’originale], che tanto facilmente degenerano in “ordini civili” [in corsivo nell’originale], bensì sul sentimento di spiriti simpatizzanti in comunione.
[6]
Lessing nel quarto dialogo chiama fratelli i membri di altre organizzazioni massoniche, anche irregolari. Con una buona dose di sicurezza, si può dire che egli non distingue le organizzazioni massoniche sulla base dei rituali e modi di organizzarsi e ancor meno sulle patenti di “regolarità” date da qualche Gran Loggia ad alre, bensì sulla capacità e volontà di ricercare il bene dell’umanità. Dunque, il nostro autore avrebbe una concezione universalistica della Massoneria.
[7]
Falk: (…) Tante quanto varie forme ha avuto la società civile, di altrettante non ha potuto fare a meno di assumerne la Massoneria; solo che ogni nuova forma, come naturale, ebbe un suo nuovo nome.
[8]
Sembra che lui con questa affermazione voglia negare l’origine della Massoneria dai muratori operativi medioevali. Ed infatti in seguito tenterà di far risalire il termine “massone” ad una etimologia d’origine celtica o anglosassone e non inglese.
[9]
Tra la fine del Seicento e il Settecento sistemi iniziatici a gradi “rosacrociani” fioriscono in collegamento con gli “alti gradi” massonici. Il sistema più importante sembra essere stato quello della Rosa-Croce d’Oro in Germania, i cui riti, gradi e dottrine sono passati in numerose organizzazioni iniziatiche moderne. I gradi “rosacrociani” appartengono – più propriamente – alla storia della massoneria, ma in ambiente massonico nascono anche ordini rosacrociani separati, che – per il loro interesse più diretto per tematiche esoteriche (e in qualche caso religiose) – saranno trattati qui in modo specifico. Il più antico ordine rosacrociano è la Societas Rosicruciana in Anglia, fondata tra il 1865 e il 1866 a Londra da Robert Wentworth Little (1840-1878), funzionario della Gran Loggia d’Inghilterra.” da La tradizione rosacrociana in Cersnur.org
[10]
Falk: (…) Di persone intelligenti ce ne sono troppo poche per poter contraddire fin da principio tutte le buffonate.



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